Droni ed e-commerce: boutade commerciale o prossima realtà?

(Articolo già pubblicato da Altalex, quotidiano online di informazione giuridica, in data 15 aprile 2016)

Una ragazza deve disputare un’importante partita di campionato e freme nell’attesa dell’evento nel pomeriggio. A poche ore dall’inizio della gara, però, l’amara sorpresa: il cane ha strapazzato a morsi una scarpetta da calcio, rovinandola irrimediabilmente. La ragazzina è disperata: la famiglia, infatti, abita in una zona isolata e il centro più vicino dista un paio d’ore dalla abitazione. La situazione sembra irrimediabile…ma non tutto è perduto!
La madre prontamente accede al noto sito e-commerce Amazon e acquista un paio di scarpe nuove, scegliendo la consegna tramite servizio “Amazon Prime Air”. In meno di trenta minuti un drone, dopo aver rapidamente solcato i cieli che separano il cliente dal centro di distribuzione, si staglia sopra l’appartamento, adagiandosi nel giardino antistante, dove la madre ha posto un marcatore (il logo di Amazon) per facilitare l’atterraggio del drone, e consegna il pacco contenente le scarpe nuove[1].
Questo scenario, che di primo acchito può apparire fantascientifico, è quello che invece potrebbe avvenire da qui a breve, o quantomeno è ciò a cui Amazon si sta dedicando instancabilmente da un paio d’anni. Infatti, Jeff Bezos, fondatore e numero uno di Amazon, verso la fine del 2013 annunciò che l’azienda stava lavorando ad un progetto rivoluzionario, che allora fu bollato come un simpatico scherzo. Oggi, invece, la società statunitense ha svelato maggiori dettagli in relazione ai progressi raggiunti e soprattutto ha mostrato un prototipo piuttosto avanzato del drone[2].Il drone pensato da Amazon può essere considerato un ibrido tra un elicottero e un aereo[3]: in questo modo potrà non solo decollare o atterrare, ma potrà passare facilmente ad un assetto orizzontale per facilitare una più efficiente modalità di volo, sì da raggiungere le 55 miglia orarie (quasi 100 chilometri orari). Il modello appare ora adatto alle consegne di pacchi che possono raggiungere dimensioni e peso non indifferenti: i droni potranno trasportare colli pesanti fino a un massimo di 2,2 chilogrammi, il che rappresenta oggi circa l’86% delle consegne di Amazon. In quanto tempo? Mezz’ora. Possono coprire zone nel raggio di 15 miglia (circa 24 chilometri) dai magazzini in cui vengono preparati gli ordini. Il volo avviene a un’altitudine inferiore ai 400 piedi (122 metri). I droni dell’azienda di Seattle, velivoli che viaggiano senza pilota, controllati da computer a bordo, sono inoltre in grado di evitare gli ostacoli tramite localizzazione GPS[4] e scansionare il terreno in cerca di un luogo comodo per l’atterraggio. I vantaggi di tale innovazione consentono tagli alle spese e ai tempi di consegna, oltre che risparmi di emissioni inquinanti. In una recente intervista il capo della società nordamericana sottolinea come tale tecnologia sia molto ecologica e che sia molto meglio dei camion su strada per trasporti. Nonostante i progressi raggiunti, però, notizie chiare sulle tempistiche ancora non ce ne sono: la società americana sta aspettando i necessari interventi normativi. Prima di essere autorizzato, il piano necessita di una serie di test di sicurezza, oltre al via libera delle autorità americane dell’aviazione, la Federal Aviation Administration[5]. Dopo l’annuncio di Jeff Bezos, infatti, la FAA aveva subito stoppato il progetto, ribadendo il divieto negli USA ai voli commerciali almeno fino al rilascio del regolamento sugli APR[6]: una delle questioni che stanno più a cuore all’Ente è appunto la regolazione dello spazio aereo. Ad oggi il colosso di Seattle non ha ancora ricevuto l’approvazione nonostante una missiva esplicita inviata da Amazon lo scorso aprile 2015 con la richiesta di velocizzare le procedure e ammorbidire il regolamento in materia.
Per continuare gli studi di sviluppo, Amazon è approdata così a Cambridge. Lo sbarco in Inghilterra è avvenuto nel 2012 in seguito all’acquisto della startup locale Evi Technologies. Nel novembre del 2014 Amazon ha lanciato una serie di proposte di lavoro destinate a ingegneri aerospaziali per lavorare al progetto “Prime Air”, al fine di espandere la sua sezione Ricerca e Sviluppo anche nel Regno Unito. Ed inoltre, per aggirare le prescrizioni della FAA, ha testato i suoi droni in India: qui, tra Mumbai e Bangalore, verso la fine del 2014 è iniziato il percorso degli APR di Amazon. In molti considerano tuttora il progetto di Amazon come una semplice boutade, un programma poco realistico, mirato più a scopi pubblicitari che a una concreta realizzazione del servizio, ciononostante Bezos continua a dirsi ancora convinto di poter tenere fede alle promesse iniziali, ovvero all’avvio delle consegne entro 5 anni dall’annuncio iniziale.
Amazon è stata la prima società ad immaginare un futuro per i droni nell’e-commerce. Altre società, tuttavia, non sono rimaste indifferenti. Google non poteva, ovviamente, dimostrarsi insensibile al settore: la società di Mountain View è attiva in tale ambito fin dal 2014, allorquando Washington David Vos, capo del progetto, presentò “Project Wing”, programma interno a Google per lo sviluppo delle consegne attraverso velivoli comandati a distanza. All’epoca la divisione era ancora guidata da Google X[7], il laboratorio che sviluppa progetti segreti all’interno del colosso americano dove hanno preso vita, tra gli altri, i Google Glass[8] e le automobili autonome, protagonisti delle cronache negli ultimi mesi. Adesso lo sviluppo di droni per le consegne è guidato direttamente da Alphabet[9]. La mente del progetto è Nicholas Roy, già esperto di robot per il MIT, dal 2012 al servizio di Big G. Il design del futuro drone di Google sarà ibrido, con ali fisse più quattro eliche a trazione elettrica per un peso di 9 chili. Il computer è posizionato in prossimità della sezione di coda, mentre l’alimentazione è nella parte anteriore. A bordo avrà un concentrato di tecnologia non indifferente: GPS, telecamere, radio e un sensore con accelerometri e giroscopi per il rilevamento della posizione.
Google, che si dice sicura di poter lanciare il servizio già a partire dal 2017[10], ha effettuato negli ultimi anni dei test del prototipo in Australia. Particolarità del progetto è data dai possibili impieghi della tecnologia: si andrà dal recapito di prodotti all’intervento in aree colpite da disastri naturali per distribuire kit medici e cibo. Questo aspetto umanitario caratterizza in parte il progetto, differenziandolo da quello di Amazon. Anche Google, nondimeno, si trova impantanata nei problemi burocratici con le autorizzazioni che dovranno essere rilasciate dalle autorità americane: per poter essere operativi al 100% le aziende dovranno attendere la regolamentazione della FAA, cosa che al momento non consente di avere chiare le tempistiche.
Se oltreoceano le società più importanti giocano a contendersi la palma di chi abbia ideato per primo il servizio, in altre parti del mondo non si resta a guardare. Se è vero che i droni potrebbero essere impiegati per le finalità più disparate, tale tecnologia sta attirando particolarmente le attenzioni delle aziende che si occupano di servizi postali. È notizia recente dell’interessamento di Australia Post[11] di volersi avvalere dei droni per la consegna della posta in aree rurali del Paese. Ahmed Fahour, CEO[12] della società, conferma la notizia, ritenendo che il drone non deve essere considerato alternativo alla consegna tradizionale, ma anzi le due modalità di recapito devono convivere. Nel dettaglio egli ritiene che l’utilizzo del drone deve avvenire simultaneamente a quello del normale servizio di consegna: quando l’addetto raggiunge un’ampia proprietà invece di percorrerla interamente può avvalersi del supporto del volatile in modo da ottimizzare e velocizzare le consegne anche in aree rurali e/o disagiate. In base alle ultime notizie un primo test di consegna dovrebbe essere effettuato già entro la fine del 2016. Australia Post possiede già due droni sperimentali che possono trasportare pacchi da 2 chilogrammi per 25 chilometri. Secondo l’Australian Financial Review i modelli finali avranno una struttura simile ai quadricotteri che Amazon ha provato in anteprima fino ad aprile 2015, prima di modificarne il design. Si stima che Australia Post abbia stanziato in tale iniziativa 20 milioni di dollari, somma che costituisce soltanto una parte di un più ampio progetto volto a migliorare l’e-commerce al dettaglio in parti remote del Paese.
Anche in Europa, però, qualcosa si muove. In Germania Deutsche Post DHL, infatti, ha già effettuato un primo test alla fine del 2014, mentre in Svizzera, a metà ottobre 2015, è stato provato un servizio analogo. Tuttavia è sicuramente la Finlandia la nazione più incline all’innovazione: il servizio postale nazionale, Posti[13], nell’ottobre del 2015 ha testato con successo l’utilizzo di un UAV[14] per la consegna di piccoli pacchi. Durante una quattro giorni di test a Helsinki, alcuni pacchi del peso inferiore ai 3 chilogrammi sono stati trasportati con un drone dalla terraferma all’isola Suomenlinna che si trova a 4 chilometri dalla capitale. In questo modo è stato possibile recapitare agli abitanti dell’isola plichi e piccoli colli, senza attendere le abituali lungaggini per l’imbarcazione della corrispondenza. Posti spera così di poter ottimizzare il servizio di posta verso località remote e difficilmente raggiungibili, come montagne, isole o zone disagiate in genere. Ovviamente bisognerà fare il conto con alcune difficoltà tecniche, soprattutto metereologiche: in Finlandia gli inverni sono molto rigidi e le basse temperature spesso ostacolano o rendono i voli più ardui. Inoltre le forti raffiche di vento sovente hanno costretto atterraggi di emergenza in zone non programmate, in quanto sebbene il volo sia automatizzato, atterraggio e decollo sono gestiti da un pilota umano, mentre la superficie del mare non di rado ha causato la perdita del collegamento, cosa che ha richiesto un doppio link 4G LTE[15] tra drone e pilota.
Il servizio postale finnico ha colto senza dubbio l’occasione che si è presentata dall’introduzione di uno dei più liberali regolamenti per i velivoli remotamente controllati Droni o SAPR e gli aeromodelli, dedicato al modellismo dinamico a scopo ricreativo. Il TRAFI[16] ha infatti annunciato, lo scorso 10 ottobre 2015, la presentazione del proprio regolamento che, secondo le loro stesse dichiarazioni, è il più liberale al mondo. Obiettivo del TRAFI è raggiungere un livello di regolamentazione il più semplice possibile, in modo da lasciare spazio per gli esperimenti e consentire lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali. Inoltre gli oneri amministrativi e le spese per i servizi ufficiali sono ridotti al minimo, cosa che rende facile lanciare nuove operazioni. Anche se il nuovo regolamento è leggero e ampio, contiene allo stesso modo molte garanzie essenziali per garantire la sicurezza.
Mentre Amazon e Google con novità e progetti si rincorrono da un po’ e sono in aperta lotta per tagliare per primi il traguardo, in Cina c’è chi ha già avviato progetti operativi. Alibaba, colosso dell’e-commerce cinese, è stato il primo retailer ad effettuare consegne con i droni. Tra il 4 e il 6 febbraio 2015 è stata avviata una particolare sperimentazione: Alibaba ha consentito ad un ristretto numero di clienti di precisi distretti di Guangzhou, Pechino e Shanghai di ordinare prodotti di prima necessità, del peso non superiore ai 340 grammi, con consegna entro un’ora tramite drone. Per il futuro, inoltre, Alibaba ha già predisposto online un listino con gli articoli che potranno essere spediti per mezzo di droni. L’azienda, tra l’altro, aveva iniziato a testare APR per le consegne già nel 2013.
Inoltre, non va dimenticato che anche lo shop e-commerce cinese JD, il secondo nel Paese dopo Alibaba, si è lanciato nel settore per conquistare quella fetta di potenziali clienti che vivono nelle aree rurali più remote, vale a dire circa 618 milioni di persone: un mercato vergine che i due colossi si stanno contendendo da tempo. Le consegne, però, continuano a costituire un ostacolo in molte aree ancora impervie, non collegate con i servizi di trasporto pubblico e con strade difficilmente percorribili da mezzi su gomma. Ecco perché da fine 2015 l’azienda ha iniziato a far circolare i suoi droni rossi per un test di mercato nella provincia di Jiangsu. A differenza dei concept di Amazon e Australia Post, i pacchi non vengono consegnati direttamente all’acquirente ma fatti arrivare in gruppi in un singolo villaggio, previa notifica ai diretti interessati. I droni, che sono quindi più grandi, robusti e in grado di viaggiare per lunghe distanze, fanno la spola fra le oltre 150 mila stazioni di distribuzione, realizzate dall’azienda ai margini delle zone rurali, e i posti più sperduti del Paese. I tempi di consegna non provano nemmeno a competere con i 30 minuti promessi da Amazon ma, a detta del CFO[17] Sidney Huang, nel 90% dei casi rimangono nelle 24-48 ore.
Una conquista consentita anche dalla normativa cinese, emanata nel lontano 2009. L’unica restrizione all’uso dei droni stabilita dal regolamento della Civil Aviation Administration of China riguarda la richiesta dell’operatore all’ente, che deve comunicare l’inizio e la zona interessata dal sorvolo. Insomma, Alibaba e JD battono sul tempo Amazon e Google. L’Oriente anticipa l’Occidente, dimostrandosi ancora una volta più al passo con i tempi e più pronto alle novità.
In definitiva, l’utilizzo dei droni nel settore dell’e-commerce dovrà quindi scontrarsi, in Europa e ancora di più negli USA, con una serie di problematiche che possono essere riassunte grossomodo in tre punti:
  1. Privacy. Un piccolo elicottero può rimanere sospeso in volo per una giornata intera, registrando immagini fisse, riprese video e conversazioni telefoniche. È pertanto ovvio che, senza un severo quadro normativo, la raccolta e l’uso di questi dati possono rappresentare una seria violazione del diritto alla privacy. Per questo tutti gli operatori dovranno essere certificati e sottoposti a controlli per assicurare il rispetto delle norme sulla raccolta e sul trattamento dei dati. In tale ottica Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante Privacy, già nei primi mesi del 2015 sottolineava la necessità di puntare su tecnologie che limitassero la raccolta dei dati fin dalla loro progettazione, in modo da prevenire il più possibile la realizzazione di fattispecie di violazioni tipiche.
  2. Sicurezza. Permangono inoltre difficoltà di carattere tecnico, su tutte l’utilizzo dei volatili in ambienti densamente urbanizzati, con possibili rischi connessi al loro impiego. Danni alle cose o alle persone ricadono in molti casi ancora sotto la piena responsabilità dell’utilizzatore del mezzo. Nessuna polizza assicurativa copre oggi i potenziali danni derivanti da danneggiamenti, violazioni della riservatezza o della sfera della vita privata. E questo è particolarmente più emblematico se si pensa che, nel gennaio 2015, un ingegnere indiano[18] ha ammesso di aver creato il primo virus in grado di violare il software dell’AR Drone di Parrot. Un malware[19], che funziona solo se ci si trova in prossimità del drone, capace di hackerare il mezzo cambiandone la destinazione o facendolo sparire dalla vista del legittimo proprietario. O peggio, prendendone i comandi per dirigerlo su obiettivi sensibili. Fino, magari, ad essere utilizzato come un’arma letale quasi impossibile da neutralizzare. È necessario rapportarsi ai droni mediante un approccio diverso e più serioso: l’iniziale visione di bambini alle prese con un nuovo gioco deve lasciare, inevitabilmente, il passo alla consapevolezza di essere al cospetto di apparecchiature che richiedono regolamentazioni significative e cogenti.
  3. Regolamentazione. L’introduzione di norme per disciplinare l’uso di APR in Europa è iniziata nel 2007 ed ha raggiunto il suo apice con la Dichiarazione di Riga[20] nel marzo del 2015. Obiettivo per il 2016? L’integrazione dei droni nello spazio aereo civile europeo. Al momento però c’è frammentazione a livello di norme. Dei 28 Stati membri dell’UE soltanto una decina hanno un quadro normativo nazionale, fra cui Regno Unito, Italia e Francia. Prima che questi aerei possano pertanto volare sopra le nostre teste, si deve dunque creare un chiaro quadro normativo. È in atto una corsa tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea per arrivare a fissare per primi gli standard mondiali del settore.
Alla luce dell’analisi di questi punti cardine possiamo concludere che qualsiasi evoluzione del fenomeno, anche per l’impiego degli APR nell’e-commerce, dovrà pertanto passare attraverso due punti fondamentali[21]:
  1. accettazione da parte del pubblico: attraverso i droni può essere raccolta un’enorme quantità di dati personali. È pertanto necessario che le autorità nazionali ed europee per la protezione dei dati personali sviluppino linee guida e adottino procedure per garantire il rispetto delle norme sulla protezione dei dati;
  2. operatore di un drone deve essere considerato responsabile del suo utilizzo: è necessario introdurre regole che prevedano un obbligo di identificazione del pilota o dell’operatore di un drone. Si parla con insistenza in tal proposito dell’adozione di una carta d’identità elettronica per ogni drone (cd. “iDrones”). Quando un drone è utilizzato in uno spazio aereo vietato o è impiegato in modo non sicuro, o per scopi illeciti, le autorità dovrebbero essere in grado di adottare adeguate misure nei confronti dell’operatore responsabile.
Problematiche che complicano indubbiamente i piani degli operatori coinvolti, soprattutto europei e statunitensi. Tirando le somme, dunque, le difficoltà normative e tecniche all’introduzione di queste nuove tecnologie nell’e-commerce sono tuttora numerose e presentano profili che non possono essere ignorati. Pertanto, nonostante le previsioni ottimistiche di società come Amazon e Google, l’impressione attuale è che dovremo aspettare ancora non poco prima di poter alzare lo sguardo al cielo, e non aprire la porta di casa, per ricevere un pacco.



[1] Questo è quello che è mostrato in un video presentato dal personaggio televisivo britannico Jeremy Clarkson e pubblicato da Amazon in data 30 novembre 2015.
[2] L’etimologia della parola è discussa. Il significato più antico di drone in inglese è fuco, il maschio dell’ape, da cui deriva il verbo “to drone”, che descrive un ronzio (e anche un parlottio monotono). Il lessicografo Ben Zimmer smentisce però l’etimologia popolare secondo cui il velivolo debba il nome al ronzio che produce. L’origine è militare: negli anni ‘30 del secolo scorso la marina britannica aveva sviluppato un bersaglio telecomandato per esercitazioni di tiro denominato DH 82B Queen Bee (“ape regina”). La marina americana si era basata sul Queen Bee per costruire un proprio modello che in omaggio all’originale aveva chiamato Drone (“fuco”), continuando così il tema entomologico. Durante la seconda guerra mondiale alla produzione di bersagli telecomandati (target drone) si era aggiunta quella di velivoli per operazioni militari (assault drone) che nei decenni seguenti si sono evoluti in diversi tipi di velivoli senza pilota, di dimensioni anche molto ridotte e impiegati non solo per scopi militari ma anche civili, ad esempio per monitoraggi e riprese aeree di vario tipo. È con questa accezione generica che la parola drone è entrata anche nel lessico comune italiano.
[3] Nel corso della progettazione è stata abbandonata non solo la classica struttura del quadricottero e dell’esacottero, ma anche quella del mini drone alimentato da otto motori, denominati «Octocoper».
[4] Il sistema di posizionamento globale (in inglese Global Positioning System, in sigla GPS)è un sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile che, attraverso una rete dedicata di satelliti artificiali in orbita, fornisce ad un terminale mobile o ricevitore GPS informazioni sulle sue coordinate geografiche, in ogni condizione meteorologica, ovunque sulla Terra o nelle sue immediate vicinanze. La localizzazione avviene tramite la trasmissione di un segnale radio da parte di ciascun satellite e l’elaborazione dei segnali ricevuti da parte del ricevitore.
[5] La Federal Aviation Administration (FAA), in italiano Amministrazione Aviazione Federale, è l’agenzia del Dipartimento dei Trasporti statunitense incaricata di regolare e sovrintendere a ogni aspetto riguardante l’aviazione civile. Creata nel 1958 come Federal Aviation Agency, assume l'attuale nome nel 1967. Insieme all’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA), è una delle due maggiori agenzie mondiali responsabili per la certificazione dei nuovi aeromobili.
[6] APR è un acronimo per Aeromobili a Pilotaggio Remoto.
[7] Sezione di Big G dedicata all’innovazione più futuristica.
[8] Ideati dai Google X Lab di Astro Teller e Sergey Brin, i Google Glass sono dei dispositivi indossabili sotto forma di occhiali smart dotati di un piccolo schermo a realtà aumentata.
[9] Alphabet è la società cui fanno capo Google Inc. ed altre società controllate. Finanziariamente è organizzata come conglomerato, ovvero è divisa in settori che si occupano di affari diversi: tecnologia, biotecnologie (Calico), investimenti finanziari (Google Ventures, Google Capital) e ricerca (Google X Lab e Nest Labs). Ha sede in California ed è guidata da Larry Page e Sergey Brin, i due fondatori del motore di ricerca Google.
[10] In una recente intervista David Vos ha, più realisticamente, corretto le previsioni di lancio del servizio riferendosi genericamente al triennio 2017-2020.
[11] Australia Post fornisce servizi postali in Australia e nei suoi territori d’oltremare. Può essere considerato come uno dei servizi postali più grandi dell’Australia. http://auspost.com.au 
[12] Il CEO (Chief Executive Officer) è un componente del consiglio di amministrazione di una società per azioni o altra azienda organizzata in modo analogo, al quale il consiglio stesso ha delegato propri poteri.
[13] http://www.posti.fi
[14] Unmanned aerial vehicle.
[15] In telecomunicazioni il termine LTE (acronimo di Long Term Evolution) indica la più recente evoluzione degli standard di telefonia mobile cellulare GSM/UMTS, CDMA2000 e TD-SCDMA. Nasce come nuova generazione per i sistemi di accesso mobile a banda larga (Broadband Wireless Access) e, dal punto di vista teorico, fa parte del segmento Pre-4G, collocandosi in una posizione intermedia fra le tecnologie 3G come l’UMTS e quelle di quarta generazione pura (4G - LTE Advanced). Nonostante ciò, con l’intento di porre fine alla confusione tra l’utilizzo in marketing del termine 4G e la vera classificazione come 4G, l’ITU (Unione internazionale delle telecomunicazioni, dall’inglese International Telecommunication Union) ha recentemente deciso di applicare il termine 4G anche all’LTE.
[16] Il TRAFI (Finnish Transport Safety Agency) è l’agenzia di sicurezza per i trasporti veicolari, marittimi e aerei finlandese.
[17] Il CFO (Chief Financial Officer) è il manager responsabile della gestione generale delle attività finanziarie di un’azienda. 
[18] Rahul Sasi, ricercatore ed esperto di sicurezza.
[19] Denominato Maldrone, da MALware DRONE.
[20] Il 6 marzo 2015, durante la presidenza lettone del Consiglio dell’Unione europea, si è tenuta a Riga una conferenza sui “Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto” (Remotely Piloted Aircraft Systems), organizzata dal Ministero dei Trasporti della Lettonia in collaborazione con la Commissione europea. In tale occasione sono stati definiti alcuni principi volti a regolare lo sviluppo delle tecnologie per i droni civili, garantire la sicurezza di tali sistemi e assicurare la tutela dei diritti, in particolare alla protezione dei dati personali, con l’impegno di attuare i medesimi entro il 2016.
[21] Come si evince dai principi racchiusi nella succitata Dichiarazione di Riga.

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