Furti informatici e nascita dei personal computer: una semplice coincidenza?
(Articolo già apparso sul blog Diritto e Nuove Tecnologie di Michele Iaselli in data 9 febbraio 2014)
Forse non tutti sanno che il mondo dei computer e
l’informatica in generale sono figli di un pezzo di storia tra gli anni ‘70 e
‘80 caratterizzato da comportamenti sicuramente discutibili dal punto di vista
etico.
Si, avete capito bene. I personal computer come li
intendiamo e utilizziamo noi oggi derivano proprio da un intreccio di avvenimenti
che ha caratterizzato l’adolescenza di giovani turbolenti, ma comunque
visionari, Steve Jobs e Bill Gates su tutti. Entrambi geni ribelli ed
anticonformisti, che per ragioni diverse non hanno terminato neanche gli studi
al college, per assurde coincidenze hanno cavalcato l’onda di un particolare momento
storico in cui il concetto di reato informatico non era ancora previsto da
nessuna normativa (termini come “brevetti”, tanto cari alla stessa Apple in recenti dispute legali con
Samsung, erano inimmaginabili per l’epoca).
Durante la realizzazione del computer Lisa, quando la Apple era
ancora un embrione in espansione, fu il suo stesso fondatore Jobs a rubare le
idee di base alla Xerox (oggi una
delle più grandi aziende produttrici di stampanti e fotocopiatrici), la cui
dirigenza non dava credito al progetto del sistema operativo grafico e del
mouse; per esattezza, per poter accedere alle idee di base, alla Xerox venne data la possibilità di
acquistare 100.000 azioni Apple per
un valore di un milione di dollari, con il patto di poter accedere alla
struttura lavorativa della Apple e
visionare i loro lavori. La Xerox possedeva
una gallina dalle uova d’oro dall’inestimabile valore, patrimoniale oltre che umanitario,
e non seppe sfruttarlo: i suoi dirigenti non riuscirono a cogliere la portata
di tale innovazione e molti di loro etichettarono il mouse come “un topo morto
che nessuno avrebbe voluto di intralcio sulle proprie scrivanie”. La portata di
tale innovazione si spiega con la constatazione che all’epoca esistevano
soltanto interfacce testuali e ogni comando andava digitato tramite macchinosi
procedimenti e linee di codice.
Ma non è finita qui. Infatti di lì a poco il giovane Bill
Gates decise di rubare le nuove idee emergenti della Apple, recandosi presso la loro sede. Jobs, fiero, gli presentò alcuni
programmatori e il Macintosh. Gates
allora cercò di stringere accordi per vendere software e facendo leva sul
desiderio di Steve di annientare l'IBM,
riuscì ad ottenere 3 prototipi di Mac.
Con la scusa quindi di scrivere programmi per fogli di calcolo per la nuova
macchina di Apple, la neonata e
ancora semisconosciuta Microsoft
riuscì quindi ad ottenere i prototipi con l’interfaccia grafica rivoluzionaria
e avviò, in gran segreto, i lavori sul progetto Windows.
Ciò che successe dopo e come sono a andate a finire le cose
è sotto gli occhi di tutti.
La Apple è una
delle società più influenti nel panorama dell’hi-tech e Bill Gates è uno degli
uomini più ricchi del mondo. I personal computer sono entrati a far parte della
nostra quotidianità con prepotenza e senza di loro numerose operazioni della
vita di tutti i giorni sarebbero sicuramente più difficili, se non impossibili.
Cosa sarebbe stato quindi se non ci fossero stati tali furti informatici? Come
sarebbe oggi il mondo dell’informatica? Nessuno potrebbe dirlo. Ciò che è
certo, però, è che se “il fine giustifica i mezzi” allora per una volta da condotte sicuramente poco trasparenti sono
derivati grandi benefici per l’uomo e progressi per l’umanità tutta. La
speranza quindi è che giovani promettenti sapranno cogliere le opportunità che
in futuro la tecnologia sarà in grado di offrire e sfruttare ogni eventuale
possibilità perché, come dichiarò lo stesso Steve Jobs citando un celebre
aforisma di Picasso, “i buoni artisti
copiano, mentre i grandi artisti rubano”.
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