Pier Giorgio Perotto e la Programma 101: nemo profeta in patria?
(Articolo già apparso sul blog Diritto e Nuove Tecnologie di Michele Iaselli in data 2 marzo 2014)
Quando pensiamo alla storia dei
calcolatori ci vengono alla mente due grandi ambiti: da un lato quello che è
stato lo sviluppo e l’evoluzione del pensiero, dal punto di vista non solo
scientifico ma soprattutto filosofico e dall’altro l’aspetto materiale dei
grandi calcolatori, o mainframe, che rappresentano gli antenati degli attuali
calcolatori. Ebbene, in nessuno di questi due casi il progresso ha consegnato
alla storia personaggi italiani. Forse perché ci nascondiamo dietro una
esterofilia che da sempre ci contraddistingue?
O forse perché pensatori
illustri come Pascal, Leibniz, Boole, Shannon, Turing, von Neumann hanno
monopolizzato la scena? A torto però la storia dimentica, non attribuendogli i
dovuti meriti in ambito informatico, una figura di spicco del nostro paese, da
più parti ricordato come l’inventore del personal computer: Pier Giorgio
Perotto. Nato nel 1930 e scomparso nel 2002, l’ingegnere e informatico torinese
lavorava alla Olivetti quando agli inizi degli anni ’60 sviluppò la Programma
101 (anche conosciuta con il nome di Perottina). Si trattava di un incrocio tra
una macchina da scrivere e una stampante che tra le sue caratteristiche principali
annoverava un dispositivo di memoria esterna, il cui supporto sostituibile
consisteva in una scheda di cartoncino su cui era applicata una pellicola
magnetosensibile: su tale schedina era possibile memorizzare un programma da
far leggere e memorizzare alla macchina, praticamente un’antesignana del floppy
disk. La sfida più grande di Perotto fu quella di non avere avuto termini di
paragone: i calcolatori all’epoca erano grosse scatole rumorose che
assomigliavano a delle unità nastromagnetiche piene di lucine; erano oggetti
misteriosi, non visibili all’operatore che le utilizzava, apparecchi molto
potenti che lavoravano nell’ombra. Avere la possibilità di vederne uno in
funzione era un vero privilegio, dal momento che erano appannaggio di eserciti
o unità governative. Non erano computer con uno schermo video, ma erano una
sorta di telescrivente con una tastiera su cui si digitavano dei comandi e dopo
un po’ restituivano un risultato. Perotto invece riuscì a creare una macchina
amica, accattivante, piccola ed elegante (il design dello chassis fu affidato
al famoso architetto Mario Bellini). Ovviamente si trattava di un prodotto
avveniristico per l’epoca ed il rischio di non essere compresi era molto alto;
tra l’altro in quel periodo Perotto e il suo team si trovarono a lavorare in un
ambiente paradossale dal momento che l’Olivetti, in evidente difficoltà
economica, cedette gran parte dell’azienda e dei brevetti, eccetto il progetto
della P101, alla General Electric, imponente multinazionale statunitense attiva
nel campo della tecnologia e dei servizi. Fu proprio grazie ad un escamotage
che il gruppo di Perotto continuò a lavorare in gran segreto, lontano dagli
occhi indiscreti dei nuovi proprietari: si racconta infatti che i vetri degli uffici
dove il team lavorava al prototipo di P101 furono oscurati con della vernice
nera! In questo clima surreale si giunse al 1965 quando la Programma 101 venne
presentata alla Fiera BEMA di New York riscuotendo da subito un grande
successo. La P101 fu protagonista della manifestazione, monopolizzando
l’attenzione di addetti ai lavori e non. In quegli anni divenne uno strumento
polivalente, tanto da essere utilizzata sia come normale strumento di lavoro
quotidiano che in ambito scientifico. Le macchine furono ordinate e vendute in
gran parte del mondo, anche se le richieste maggiori si registrarono in Nord America.
Dal ‘66 al ‘71, periodo di produzione, ne furono distribuite e vendute 44000
esemplari. Il successo fu tale che l’HP creò un modello di calcolatore da
tavolo, l’HP 9100, talmente simile che, in seguito a dispute giudiziarie, fu
costretta a versare 900 mila dollari di royalty alla Olivetti per aver copiato
alcune caratteristiche della macchina. La storia successiva è sotto gli occhi
di tutti: dopo l’HP 9100 si susseguirono, ispirandosi a vicenda, ma tutte
partendo dal concept ideato da Perotto, l’Altair (1974), l’Apple 1 (1976), il
primo PC IBM (1981), l’Olivetti M24 (1983). I nomi dei progettisti di queste
importanti macchine sono rimasti alla storia, mentre quello di Perotto è ricordato
soltanto da appassionati e addetti ai lavori. Non dobbiamo pertanto stupirci se
le accuse di esterofilia risultino avvalorate anche dalla realtà pratica e
dalle vicende attuali, laddove un personaggio di questa caratura non venga
riconosciuto neppure in patria. Per anni infatti a Cavaglià, paese di origine
di Perotto nel vercellese, si insistette presso l’amministrazione comunale per
la realizzazione di un busto in onore ai meriti dell’ingegnere. Tuttavia le
richieste furono vane. Soltanto nel 2013 il comune di Cavaglià, preso atto
dell’istanza di alcuni ex olivettiani e su proposta del sindaco, ha deliberato
di intitolargli un’area comunale, nota come area dei Menhir, che assumerà il
nome di Giardini ing. Pier Giorgio Perotto. Finalmente Cavaglià ha deciso di
onorare un illustre figlio della sua terra, dedicandogli un giardino in cui le
nuove generazioni possano crescere consapevoli dell’importante contributo del
‘professor’ Perotto. Delle 44000 macchine prodotte, ad oggi esistono soltanto 8
esemplari ancora funzionanti. Da alcuni anni Giovanni De Sandre e Gastone
Garziera, due ingegneri che facevano parte del team di Perotto, con l’aiuto di
altri ex progettisti Olivetti recuperano 101 dismesse in giro per il mondo e le
riportano in vita. Dopo tanti anni trascorsi nei laboratori a progettare
vogliono lanciarsi in una nuova sfida: riuscire a connettere una 101 ad
internet per farle lanciare un messaggio al mondo di oggi: “Ciao ragazzi,
eccomi. Ricordate che voi oggi esistete perché io sono esistita 50 anni fa”.
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